Il Tribunale di Padova punisce con la sanzione ex art. 96, terzo comma c.p.c. l’assicurato che esagera dolosamente il danno

Il Tribunale di Padova punisce con la sanzione ex art. 96, terzo comma c.p.c. l’assicurato che esagera dolosamente il danno
10 Maggio 2016: Il Tribunale di Padova punisce con la sanzione ex art. 96, terzo comma c.p.c. l’assicurato che esagera dolosamente il danno 10 Maggio 2016

Un incendio di chiara matrice dolosa distrugge la merce custodita in un magazzino assicurata per il rischio “incendio” e l’assicurato chiede di essere indennizzato per una quantità di pezzi ed un valore unitario che l’assicuratore, agendo in giudizio per l’accertamento negativo del proprio obbligo indennitario, sostiene essere enormemente maggiori di quelli reali. Anche in questo caso l’assicuratore fa valere la clausola contrattuale che sanziona con la perdita del diritto all’indennizzo l’esagerazione dolosa del danno. L’assicurato resiste in giudizio, chiedendo in via riconvenzionale il pagamento dell’indennizzo che sostiene essergli dovuto, per oltre un milione di euro. L’istruttoria esperita, tuttavia, porta ad accertare che effettivamente il valore commerciale della merce danneggiata è circa un quarantesimo di quello che l’assicurato aveva cercato di far apparire (0,50 euro ad unità, anziché 18 euro) e che il quantitativo di merce danneggiata era più o meno la metà di quanto da questi dichiarato. Oltre a ciò, secondo il Tribunale, numerose circostanze (tra cui una deposizione testimoniale rivelatasi inveritiera e documenti artefatti) dimostrano l’inattendibilità delle pretese dell’assicurato, per cui la sentenza emessa accoglie la domanda dell’assicuratore e rigetta la riconvenzionale proposta nei suoi riguardi. Ma il Tribunale patavino (con la sentenza n. 478/2016) non si limita a condannare quest’ultimo alle spese di lite, in quanto soccombente. La sentenza osserva, infatti, che egli “ha resistito in giudizio con mala fede per aver cercato di arricchirsi di un milione di euro… con documentazione alterata e deposizioni mendaci”, così esponendo la sua Controparte processuale “al rischio di essere vittima di un indebito esborso economico dal rilevantissimo importo”, e conclude che sussistono gli estremi per applicare il disposto dell’art. 96 ter c.p.c. (“In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”). Il Tribunale condanna quindi la parte in mala fede alla sanzione prevista da tale disposizione, liquidandola nella metà delle spese di lite addossate a quest’ultima. Insomma, si tratta di un’altra decisione che stigmatizza il comportamento tenuto dall’assicurato in sede di esecuzione del contratto, penalizzandolo tuttavia non solo con la sanzione contrattuale della perdita del diritto all’indennizzo, ma anche con quella legale della condanna per responsabilità aggravata o, come si è iniziato a dire, per “soccombenza qualificata” ex art. 96, comma terzo c.p.c., per averlo replicato in sede processuale. Un severo monito, dunque, per chi pone in essere comportamenti processuali difformi da quelli imposti alle parti dall’obbligo di lealtà e probità processuale dettato dall’art. 88 c.p.c., agendo o resistendo in giudizio in mala fede.

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